È l'ora della "P" maiuscola

Nicola Martucci

È ancora possibile fare politica con la “P” maiuscola? Secondo papa Francesco sì: è lui, infatti che, il 30 aprile del 2017 in piazza San Pietro, ha caldamente invitato i laici dell’Azione cattolica italiana a impegnarsi per il bene comune, utilizzando proprio questa espressione così provocatoria e stimolante. E oggi l’Azione cattolica sta rispondendo a questo invito, coinvolgendo i propri soci, facendo rete con le altre realtà associative del mondo cattolico, aprendosi al confronto con la polis.

Numerose sono le occasioni di dibattito e confronto. A Ferrara lunedì 22 ottobre, ad esempio, si è svolto l’evento di lancio di un’iniziativa (voluta fortemente dall’Ac diocesana, in collaborazione con le realtà territoriali di Agesci, Acli, Masci e Rinascita cristiana) che mira a coinvolgere quanto più possibile i cittadini interessati in tavoli di lavoro, con l’obbiettivo di produrre contributi importanti da rilanciare ai candidati sindaci delle elezioni amministrative che si svolgeranno a maggio 2019. Erano presenti il presidente Matteo Truffelli, che ha presentato il suo ultimo libro La P maiuscola – fare politica sotto le parti, e Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli.

La centralità della questione politica nella nostra agenda associativa è quanto mai giustificata dalla fotografia del paese che oggi abbiamo davanti agli occhi: una realtà frantumata, frutto di tessuti sociali lacerati. Un popolo diviso perché vittima di una grave disuguaglianza economica (i 5 milioni di abitanti che vivono in povertà assoluta sono un dato), infrastrutturale (il sud ad esempio è isolato rispetto al resto dell’Italia, scarseggiano i treni, le vie di comunicazione sono poche e la loro gestione problematica), di opportunità (i giovani delle zone depresse completano gli studi e partono per cercare lavoro senza l’idea di ritornare, lasciando la propria terra impoverita di competenze, vitalità, speranza). Una comunità che è oramai abituata a misurare ogni problema politico riducendo il tutto a un referendum pro o contro il leader di turno, inasprendo la dialettica fra gli schieramenti, allontanandosi sempre più dall’idea di politica come mediazione e come compromesso più alto nell’ottica del bene possibile. Con l’effetto nefasto della strumentalizzazione mediatica delle paure delle persone, che ha l’effetto di benzina sul fuoco. 

Occorre disinnescare questo meccanismo tritatutto, scegliendo di ricostruire una cultura che metta al centro la dignità dell’essere umano e del creato. Per fare questo occorre tornare a far sì che obbiettivo dell’agire politico sia l’interesse di tutti e non quelli di parte; è necessario educare fortemente il senso critico dei cittadini, allenando a discernere la qualità delle notizie, la percezione della realtà, addomesticando la “pancia” a favore della testa. È ineludibile lavorare e far crescere la cultura della responsabilità, che non è antitetica a quella dei diritti ma complementare e necessaria a essa: il diritto è tale solo se accompagnato dal dovere di rendere la società nella quale viviamo e il mondo più giusti. E questo modello culturale non può che partire da una virtù che oggi pare spesso dimenticata, anestetizzata: la speranza.

Ai laici di Ac, a tutti i cristiani delle diocesi italiane e a tutti gli uomini di buona volontà il compito di tessere una trama nuova, che riunisca gli strappi, riavvicini le persone, rifondi un’identità di popolo fondata sulla pace, la giustizia, l’uguaglianza, la responsabilità.