Diario al tempo del coronavirus/ Parlarne fa bene

Rossella Avella

Diario al tempo del coronavirus/ Parlarne fa bene

Parlare aiuta a esternare ciò che ci fa star male dentro, confrontarsi può dare un grande sollievo per prendere coscienza che questo problema del coronavirus non riguarda il singolo ma l’umanità intera. E che insieme ne usciremo

 

Dal 12 marzo 2020 oltre 700 ragazzi si sono rivolti a sportelli di sostegno psicologico per chiedere aiuto o informazioni e provando a superare il disagio emotivo causato dal nuovo "stile di vita" che coinvolge tutto il paese. Tanti i medici e i professori che hanno aderito a progetti di supporto psicologico, creando anche in privato dei veri e propri sportelli ai quali affidarsi nei momenti di sconforto.

Il professor Marco Marchetti, docente di Medicina e scienze della salute dell’Università degli Studi del Molise, insieme alla professoressa Francesca Baralla, docente di Psicologia generale della stessa Università rientrano tra i tanti specialisti che gratuitamente si sono resi disponibili per aiutare chi ne avesse bisogno. 

«Gli stati di ansia o depressivi, irritabilità, insonnia e attacchi di panico, in alcuni casi possono amplificare lo stress di questa fase di emergenza – spiega il prof. Marchetti -; ognuno risponde con le proprie risorse e caratteristiche personali. In una situazione di emergenza tra l’altro vengono fuori i nostri dolori più antichi, con il riaffiorare di vicende fragili legate a ricordi dell’infanzia. Ognuno di noi si porta dentro delle ferite interne che in questa situazione si possono ripresentare e bisogna prendere consapevolezza della propria fragilità psicologica e non averne timore, in fondo siamo tutti esseri umani. Non si deve avere vergogna di piangere e di confidare le proprie emozioni e sensazioni a un nostro caro – continua il professore, sottolineando l’importanza del rapporto umano in questa fase storica –. Parlare aiuta a esternare ciò che ci fa star male dentro, confrontarsi può dare un grande sollievo in primis per prendere coscienza che questo problema non riguarda il singolo, ma è un problema dell’umanità intera e che insieme ne usciremo». 

Nella sua enciclica del 2015, Laudato si’, papa Francesco ha sottolineato che la tecnologia può impedirci di «prendere contatto diretto con l’angoscia, con il tremore, con la gioia dell’altro e con la complessità della sua esperienza personale», e rischia di accrescere «un dannoso isolamento» (Ls, 47). Il Santo Padre sprona a intessere maggiori rapporti umani, ma in questo momento i social rappresentano la nostra salvezza, Lei cosa ne pensa?

«I social con tutte le chat di messaggistica diventano la finestra sul mondo, il modo più semplice ed immediato per rimanere connessi e in contatto – dichiara Marchetti –. Io non li ho mai demonizzati, sebbene non bisogni abusarne, e a maggior ragione ora credo che i più giovani debbano spiegare anche ai “più adulti” come affidarsi alla tecnologia. Una video chiamata con un amico, scambiarsi una notizia divertente può essere il modo anche per sdrammatizzare e tornare a sorridere. Attenzione però alle notizie che leggete – conclude il docente – affidatevi sempre a fonti certe, Iss, Oms, e Ministero della salute. Le fake news possono turbare l’essere umano, creando inutili stati di agitazione per la salute mentale».