Il calcio e le donne? Avanti, senza pregiudizi

Anna Palermo con un'intervista a Milena Bertolini

La nazionale italiana di calcio femminile dopo 20 anni si è qualificata ai Mondiali che saranno giocati in Francia dal 7 giugno al 7 luglio. Il Commissario tecnico della Nazionale di calcio femminile, Milena Bertolini, riferendosi alle donne spiega a Segno che «il sogno di fare questo sport lo devono portare avanti liberandosi dai pregiudizi e dagli stereotipi. Il calcio non toglie femminilità, anzi la arricchisce. Non è un caso che fuori dai nostri confini il calcio giocato dalle donne sia in grande sviluppo» 

Se dovesse spiegare a una platea di studenti e studentesse il valore del calcio femminile in Italia e nel mondo, cosa gli suggerirebbe la sua esperienza? 

La mia esperienza mi dice che il calcio femminile è uno sport come tutti gli altri, uno sport bellissimo. Il calcio femminile rispetto al maschile ha al suo interno i veri valori dello sport che un po’ si sono persi nel calcio maschile dove l’aspetto economico schiaccia tutto. Nel calcio giocato dalle ragazze si ritrova la bellezza di questo sport, il gioco predomina su tutto. Il fare le cose insieme, il condividere tutti i momenti, l’aspetto del sacrificio, l’aspetto dell’aiuto reciproco, tutti valori che lo sport di squadra ha insito in sé ma che non sempre escono. Suggerirei alle ragazze di giocare a calcio perché questi valori che ho elencato costituiscono un bagaglio che poi ti porti dietro nella vita di tutti i giorni. Anche in termini di fiducia, autostima e autonomia.  

Qual è il primo consiglio che darebbe alle ragazze che si interrogano se praticare uno sport come il calcio li rende meno femminili agli occhi del mondo?

Il consiglio è di giocare se hanno la voglia e il sogno di fare questo sport, lo devono portare avanti liberandosi dai pregiudizi e dagli stereotipi. Il calcio non toglie femminilità anzi la arricchisce e non è un caso che fuori dai nostri confini il calcio giocato dalle donne sia in grande sviluppo e che nel mondo il primo sport di squadra sia proprio il calcio.

Lei in una recente intervista ha dichiarato che il calcio femminile italiano paga lo scotto della mancata affermazione anche per via di riforme non realizzate nel settore calcistico, cosa intendeva dire? 

Lo scotto che paga il calcio femminile è l’immobilismo a livello di politica federale negli ultimi 15/20 anni, da fine anni 90 fino al 2015. Non ci sono stati progetti specifici o politiche per lo sviluppo del calcio femminile in controtendenza rispetto a quanto avvenuto negli altri paesi. Negli ultimi quattro anni invece a livello normativo la Figc ha introdotto delle riforme importanti inserendo l’obbligatorietà di un settore femminile all’interno dei club fino alla possibilità di acquisizione del titolo sportivo; questo ha dato un impulso a tutto il movimento. Basta pensare a cosa significa oggi avere club come Juventus, Fiorentina, Roma e Milan solo per citarne alcuni nel panorama femminile. Lavorare a livello di vertice con l’ingresso dei grossi club ha aiutato tutto il movimento che ne ha guadagnato in visibilità. Ora lo step successivo è quello di lavorare dalla base.

Quali sono le carenze a suo avviso a livello normativo?

È importante introdurre norme che sviluppino l’attività di base quindi anche attraverso i settori giovanili dilettantistici maschili che vanno incentivati a prendere le bambine. 

Dal 7 giugno al 7 luglio, la Nazionale di calcio femminile italiana, si troverà a competere da protagonista ai Mondiali di Francia, quali energie occorre mettere in campo per affrontare le eventuali difficoltà che si potrebbero incontrare nel competere con nazioni come Germania, Francia, Svezia che vantano l’attestazione di una qualificata professionalità tecnica? 

Siamo consapevoli che Nazioni come Germania, Francia, Svezia, Norvegia, Olanda e altre squadre hanno iniziato tanti anni fa e quindi hanno qualità superiori a noi. Noi le affronteremo valorizzando le nostre potenzialità. Sono qualità che attengono alla sfera tecnica e tattica, il grande entusiasmo, la valorizzazione dei talenti, stiamo lavorando per migliorare la qualità del gioco. Stiamo crescendo anche grazie ai club. Anche la motivazione e il senso di squadra sono elementi che ci aiuteranno a competere. Noi giocheremo tutte le nostre carte, poi come sempre sarà il campo a decidere. 

Lei è una delle due allenatrici italiane a possedere il titolo per poter allenare una squadra di calcio maschile, ci ha mai pensato a svolgere questo ruolo? 

Di allenatrici non siamo solamente in due, io e Carolina Morace, ma anche Betty Bavagnoli attuale allenatrice della Roma. Io ho iniziato la mia esperienza di allenatrice proprio nei maschi allenando tutte le categorie giovanili, ho allenato anche una squadra di eccellenza maschile, ho fatto il preparatore atletico nel settore professionistico del Modena maschile. 

Si potrebbe mai arrivare in tempi brevi, a suo avviso, ad avere una donna ad allenare e dirigere una squadra di calcio maschile di serie A?

Per poter fare questo occorrono dirigenti coraggiosi che vadano sulle competenze e quindi oltre l’aspetto del genere. Penso quindi che sia come allenatore che come parte dello staff tecnico ma anche come dirigente ci possano essere donne che possono dirigere squadre maschili. Basta uscire dai nostri confini, ad es. nel football americano, o anche in Francia dove l’attuale allenatrice della Nazionale femminile Corinne Diacre  ha allenato per alcuni anni una società professionistica maschile. Oppure l’attuale Direttore generale della Federazione francese Florence Hardouin. Di esempi ce ne sono tantissimi, occorre che in Italia si faccia un salto culturale.

Qual è la soddisfazione più grande che ritrova nell’allenare la Nazionale di calcio femminile italiana? Quali sono di contro i momenti di maggior fatica? 

Allenare la Nazionale di calcio femminile credo sia il massimo della gioia e della gratificazione anche per quello che rappresenta la maglia italiana. Ti senti anche una grande responsabilità e un senso di orgoglio. Sono solamente stati d’animo positivi. La fatica c’è proprio per questi alti valori che rappresenta la maglia azzurra. Quando mi trovo in raduno con la squadra ad allenare queste ragazze l’impegno, la fatica, le responsabilità e le tensioni sono superiori rispetto ad allenare un club, però è una fatica che io chiamo piacevole.