Ricordando Anna Maria Cànopi

Un gigante della spiritualità contemporanea. E un esempio per tutti coloro che cercavano, e cercano tuttora, dietro il nascondimento dell’eremo, la strada maestra per capire meglio il mondo. Madre Anna Maria Cànopi, badessa emerita del monastero di clausura dell’isola di San Giulio, comunità che lei aveva fondato 46 anni fa e diretto sino allo scorso autunno, è morta il 21 di marzo all’età di 87 anni. Donna di grande cultura con un occhio intelligente che spaziava nei mille rivoli della contemporaneità, non badava a mettersi a disposizione di chi saliva all’isola-eremo per parlare con lei, per confrontarsi con i suoi occhi limpidi e sorridenti. Consigliera di laici e laiche attratti dalla sua vivacità intellettuale e purezza di cuore, è stata scrittrice e teologa, e all’interno della Chiesa cattolica tra le poche donne ad aver scritto le riflessioni a un papa, Giovanni Paolo II, per una via Crucis. 

Per il vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, «ci lascia un’enorme eredità. In quasi mezzo secolo di abbaziato a San Giulio ha reso la piccola Isola sul nostro lago d’Orta un centro pulsante di spiritualità, che lei, così esile e riservata, ha saputo animare con un’incredibile forza che si nutriva nel quotidiano dialogo con il Signore.Il fatto che la chiamata alla Casa del Padre sia arrivata per lei nel giorno del transito di San Benedetto, sottolinea ancora più decisamente ciò che per noi ha rappresentato la sua scelta di dedizione completa a Dio: una testimonianza dell’amore del Vangelo sincera e credibile per gli uomini e le donne di oggi. Secondo una regola e una spiritualità – quella del Santo patrono d’Europa – antica oltre mille anni, e che pure lei ha saputo rendere così attuale». 

In una riflessione appara sul Sir nel giugno del 2006 scriveva: «Si può affermare che la vocazione monastica, proprio perché tende a realizzare una vita di piena comunione nella concordia e nella pace, è particolarmente chiamata a risplendere, nella Chiesa e nel mondo, come vita pasquale, come profezia dei cieli nuovi e della terra nuova. Quando è santa come deve esserlo, la vita dei monaci evangelizza semplicemente con l’essere già tutta orientata al fine di ogni vita umana. Siamo, infatti, tutti cittadini della terra in viaggio verso la cittadinanza definitiva del Regno dei cieli. I monaci – diceva un antico Padre – sono coloro che vivono sulla terra consapevoli di avere tutti i loro “affari in cielo”. Perciò, pur vivendo con realismo nel presente, fanno in modo che tutto porti frutto per l’eternità, che tutto dia gloria a Dio.In questa prospettiva anche l’ascesi più austera si illumina di gioia e ogni umana angoscia fiorisce in speranza».