SUONI / Fratel Lino e la musica proibita

Gianni Di Santo

SEGNOWEBESTATE2019 / domenica 18 agosto / SUONI

 

FRATEL LINO E LA MUSICA PROIBITA

 

Fratel Lino è un monaco che per tanti anni ha accolto chi si recava a Bose. Ogni tanto lo troviamo ancora lì, in silenzio, mentre smista telefonate con arguzia e parsimonia (… impossibile parlare con il priore se a risponderti c’è lui), accogliendo a monosillabi le domande di chi si avventura per la strada di questa comunità monastica. Ma custodisce un segreto: la musica. Quella “seria”, per intenderci. La new music, classica sacra meditativa, meglio se targata Ecm. 

Ho il dono di scambiare con fratel Lino, che un po’ somiglia con quella sua barba da monaco ortodosso al grande compositore estone Arvo Pärt, ascolti amicali di contemporary music. Ormai Bose è uno dei crocevia più importanti della musica contemporanea soprattutto con i concerti vesperali. Lo stesso Arvo Pärt si è recato da queste parti. Con gli altri fratelli e amici della comunità si parla di altro: Chiesa, mondo, ecumenismo, politica. E ovviamente ambiente e madre terra, se nei paraggi c’è Enzo, il fondatore. Ma con lui, con Lino, ci relazioniamo attraverso il suono. Credo che, sotto sotto, Lino sia una sorta di ufficio stampa segreto dell’Ecm mandato a vigilare i consumi musicali di noi poveri mortali sotto l’ala protettiva di questo angolo di paradiso posto a ridosso del Monte Rosa, perché conosce al minuto secondo ogni novità della musica che viaggia “oltre”.

Conversare con Lino di musica è un’esperienza ascetica. Devo a lui se, oltre le mie passioni jazz-etno, il mio orizzonte sonoro ha acquisito nel tempo una pratica all’ascolto della musica contemporanea che prima non conoscevo. Qualche nome? Jan Garbarek e The Hilliard Ensemble – come non citare il capolavoro Officium, un album che, per gente ossessionata come noi dalla purezza del suono, ha fatto la storia –, e poi Eleni Karaindrou, Giya Kancheli, Gidon Kremer, Stephan Micus, Anouar Brahem. Autori che è facile ascoltare, in dono, come sottofondo sonoro sostando nella piccola stanza posta all’entrata della Comunità di Bose, mentre si scoprono libri forse introvabili altrove, marmellate deliziose, ceramiche lavorate con gusto.

Anche io però ho in serbo per Lino una sorpresa. Chissà se apprezzerà. Per una volta tanto, oltre i suoni celestiali, mi prendo la briga di sussurrargli all’orecchio un paio di titoli che hanno il sapore della terra. Più blues che gregoriano, più soul “carnale” che meditazione celestiale. Insomma, meno salmi più salami, avrebbe allegramente mugugnato Paolo Giuntella, che di musica se ne intendeva. L’ultimo di Bruce Springsteen, Western Stars, superbo, così come Africa Spreaks, dell’immortale Santana e Lost Souls di Loreena Mckennitt. Un rockettaro della West Coast Usa, un’icona della chitarra elettrica col gusto latino-americano e una canadese che intreccia melodie celtiche e ritmi mediterranei. Per saper guardare meglio il cielo ogni tanto c’è bisogno di saper piantare i piedi ben per terra. Fratel Lino capirà.

Ma il segreto del mio amico dall’orecchio fine è anche un altro. Si prospetta all’ascolto al primo mattino, all’ora prima, direbbe Erri De Luca, alle sei in punto. Il canto delle lodi della comunità maschile e femminile si trasforma in un suono all’unisono di una bellezza sconvolgente. Sessanta voci che sembrano una. Preghiera anima corpo e spirito per una manciata di minuti vanno d’accordo, succede il miracolo della percezione sonora di un pathos collettivo unico seppur distinto, individuale, come se a guidare quel canto ancestrale sia Dio in persona. 

L’armonia perfetta passa per la Parola sacra, nel silenzio del primo mattino. Musica di raro incanto mistico, che va almeno assaporata una volta nella vita.

La musica proibita di fratel Lino da Bose.

 

*giornalista e scrittore, si occupa di informazione religiosa e segue con interesse il pontificato di papa Francesco. Coltiva da sempre una passione smisurata per la musica