Cristo è fighissimo. E il cimento cristiano è rigenerativo (lettera dalla Thailandia)
Riceviamo dall’amico Sandro Calvani, ex diplomatico Onu, docente universitario, scrittore, autore del libro Senza false frontiere (Ave, aprile 2021), un articolo che ben si presta a essere letto anche in questa XVII Assemblea nazionale.
Sandro vive e lavora a Bangkok, Thailandia, ed è iscritto all’Ac in Italia
«Cristo è fighissimo» © Questa la risposta di Ploy, una giovane collega, una stagière, alla mia domanda: «Perché credi in Gesù Cristo?». La mia domanda era dovuta al fatto che lei, dopo avermi chiesto un appuntamento di consultazione sul suo sviluppo professionale, si è presentata oggi nel mio ufficio dicendomi, «lieta di conoscerti, fratello Sandro».
Di titoli e appellativi qui in Thailandia ne avevo sentito vari in passato. Ajarn – cioè professore – è il più frequente, oltre a Khun, cioè signor, e Pi, un appellativo per le persone più anziane. Ma non mi ero mai capitato che qualcuno mi chiamasse fratello al primo incontro. Un po’ sorpreso ho chiesto perché, pur non conoscendoci, lei si presentava come mia sorella. Ploy ha sorriso e mi ha spiegato che aveva saputo che sono un cristiano anch’io e tutti i cristiani, come tutti gli esseri umani, sono fratelli. Ploy è Karen, una minoranza etnica che vive al confine tra Thailandia e Myanmar e viene da Wan Ai-hsai, un villaggio del Myanmar, vicino al territorio nel Triangolo d’Oro, nel quale opera l’impresa sociale dove lavoro come coach e consulente. Le ho chiesto dunque come è divenuta cristiana e ho saputo che la sua unica motivazione è che «Cristo è fighissimo» เจ๋งมาก (Cěng māk).
Così, a sorpresa, il nostro dialogo è diventato un’opportunità per me per capire le differenze culturali della fede cristiana. Le ho chiesto allora cosa ha scoperto di Gesù Cristo che le interessa come progetto di vita e che le sembra migliore degli ottimi princìpi di consapevolezza, amore per gli altri, pace e tolleranza così diffusi nella cultura buddista, che è largamente maggioritaria in Thailandia. La risposta di Ploy è stata veloce e sicura: «chi ha fede in Cristo ha cimento» (การทดลอง, Kār thdlxng). Ho notato che Ploy non aveva ancora nominato Gesù, che pur avevo menzionato io nelle mie domande. E le ho chiesto come mai. E subito sono cominciati i guai (per me). Ploy mi ha spiegato che – anche se ci sono tanti seguaci di Gesù che hanno fatto della fede una religione, un dettato di regole, un ritualismo routinario e gentile, un’associazione di persone per bene – la vera novità della fede cristiana che serve oggi a cambiare la vita, non sono gli insegnamenti pur bellissimi di Gesù, ma il fatto che è stato crocifisso, che è il Cristo risorto. Ci sono tanti ammiratori di Gesù, ma pochi sono divenuti cristiani.
«Vedi Sandro – ha continuato Ploy –, se ti ricordi le splendide parabole di Gesù, come per esempio quella del buon samaritano e quella della condivisione dei pani e dei pesci, sarebbero rimasti racconti bellissimi se non capisci che Cristo è cimento: Lui ha dato l’esempio e vuole che ci mettiamo alla prova, a rischio, in pericolo anche di perdere la vita per gli altri».
E ha continuato Ploy: «Cristo ha proposto un modello di fratellanza che è fatto di dare la vita per gli altri. Persa la vita, poi viene la rinascita, la rigenerazione come vita nuova e felice. Ma senza coraggio, grinta, rischio, prova, senza cimento gioioso non c’è rinascita. Lui lo ha fatto, per questo Lui è fighissimo e sono fighissime la misericordia e la condivisione, vissute però, non solo raccontate o predicate».