Beato il politico "artigiano della pace"
Beato il politico “artigiano della pace”. Parole di papa Francesco, chiare e dirette. Così il Messaggio in vista della 52ª Giornata della Pace, che si celebrerà il prossimo 1° gennaio, ci porta a guardare alla buona politica. E proprio perché “buona”, si chiede Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, in un articolo sul Sir, non può che essere al servizio della pace, “per” il bene dell’umanità.
«La riflessione è tutta incentrata su quel “per” – scrive Bignami –. È il “per” che fa la differenza tra una politica virtuosa, capace di costruire il bene comune, e una politica corrotta, preoccupata solo di salvaguardare se stessa. In questo senso la pace è un “fiore fragile”, secondo la felice espressione di Péguy: cammina sulle gambe dei politici, sulla loro grandezza d’animo, sulla loro carità e sul loro impegno quotidiano. Ma può anche drammaticamente precipitare o degenerare se, invece che essere al servizio, la politica scade in luogo di emarginazione, di oppressione e di distruzione. Francesco si esprime per un’alta considerazione della politica. Essa è forma di carità perché edifica la città. Diviene esercizio pratico di virtù umane quali la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà e la fedeltà. Un bagaglio di valori che fa associare la politica alle beatitudini evangeliche».
La buona politica è già di per sé un progetto di pace. «Lo è per i giovani, che possono vedere nel servizio al bene comune una modalità di impegno della propria vita per rendere più bella la creazione, dono di Dio e per promuovere la fraternità tra i popoli. Lo è per i bambini, costretti a respirare sin da piccoli un clima di violenza».
Ma la buona politica è anche il luogo dei doveri. Francesco lo ricorda citando la Pacem in terris di Giovanni XXIII, il papa “buono”. «A livello italiano potremmo riprendere il tema facendo tesoro dell’insegnamento di uno statista esperto di “buona politica”: Aldo Moro. Scriveva il politico democristiano, assassinato 40 anni fa: “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”».
Sembra proprio un assaggio di alta politica, quella con la P maiuscola, rispetto ai piccoli drammi dei nostri confini nazionali. Sempre più incattiviti, rancorosi, razzisti. Francesco passa in rassegna le virtù e i vizi della politica, a cominciare da corruzione, razzismo e xenofobia, che sono «la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale».
L’altro è il nemico da combattere, e meglio se povero. O, almeno, più povero di noi. E a questa narrazione della vita quotidiana Francesco non ci sta.
Conclude Bignami. «C’è da meditare all’inizio di un anno che vedrà l’Europa impegnata nel rinnovo del proprio Parlamento e nella scelta del futuro indirizzo politico. Mentre soffia il vento che scredita sempre più la politica come affare per pochi o come attività “sporca” da cui guardarsi, la Chiesa scommette sulla sua bontà come servizio alla convivenza fraterna. La buona politica necessita di buone persone. Ben vengano nuovi artigiani della pace! Li accoglieremo come “beati”. Allora anche la pace sarà in buone mani».