Che siano buone notizie

Rossella Avella

Verità, libertà, responsabilità dell’informazione sono stati i temi cardine della nona edizione della scuola di formazione Giancarlo Zizola organizzata dall’Unione cattolica stampa italiana. Per il quarto anno consecutivo i soci Ucsi provenienti dalle varie regioni italiane, dal 14 al 16 febbraio scorso, si sono ritrovati ad Assisi per interfacciarsi su temi di attualità, con uno sguardo particolare ai giovani e al loro futuro.

Tre giorni di confronto con nomi di spicco del giornalismo italiano, da Nello Scavo di Avvenire a Roberto Vicaretti di Rai News24 e Francesco Badaloni, responsabile della divisione digitale del gruppo Gedi, passando alle conclusioni con il presidente nazionale dei giornalisti Carlo Verna. L’architettura dell’informazione trattata da Badaloni è stato uno degli argomenti cardine di questa tre giorni, riuscendo a suscitare interesse e stupore. «La riconversione digitale è una rivoluzione con la quale i media devono fare i conti per mantenere in equilibrio la sostenibilità economica e la credibilità dei lettori – ha spiegato il responsabile digitale del gruppo Gedi –. Oggi una testata per potersi dichiarare autorevole deve basarsi su un rapporto di fiducia tra giornalista e lettore. Bisogna mettere la “cucina in vista” cercando di dare risalto a ciò che c’è dietro le pareti della stanza di una redazione». 

«La nostra è un’era di sfida – ha aggiunto Verna –. Purtroppo, nonostante il rispetto della verità sia alla base della deontologia della nostra professione, non sempre tutto procede come vorremmo. L’obiettivo del futuro è quello di rinnovare le metodologie per creare un giornalismo di qualità». Secondo Vicaretti, «verità, rispetto e obiettività sono strettamente legate al dubbio», inteso come la capacità di mettere in discussione ciò che si professa vero, tenendoci lontani da una visione acritica e semplicistica di ciò che si racconta. Scavo, infine, ha ricordato «la responsabilità di trasmettere anche buone notizie, affinché il lettore sia invogliato positivamente dalla lettura, riuscendo a ritrovare in essa la speranza per un futuro migliore».

«L’Ucsi è nata 60 anni fa dal sogno di alcuni giornalisti che volevano creare un’esperienza di comunità e fraternità in ambito giornalistico – ha dichiarato la presidente nazionale Ucsi Vania De Luca –. Questa dimensione dello star insieme si è evoluta negli anni, vedendo l’Ucsi un po’ sbilanciata politicamente, nei confronti degli organismi di categoria  oppure dentro la comunità ecclesiale. Allo stesso tempo però questi sono stati i compagni di viaggio dell’associazione che pur nella sua autonomia non ha camminato mai da sola». 

Gli obiettivi dopo 60 anni di storia? «Oggi le grandi frontiere che ci aspettano sono quelle del coinvolgimento dei giovani e quindi un cambio generazionale che ci pone di fronte a un’inversione della modalità di fare giornalismo – conclude la presidente – senza mai dimenticare l’urgenza odierna di essere giornalisti di verità in un tempo in cui anche attraverso la stampa non è scontato che ciò che diciamo rispecchi esattamente la realtà dei fatti».

«Un giornalista è come un arciere che tira frecce a cui bisogna dare forza, le frecce sono le parole che devono essere vere, forti, credibili e affidabili – commenta padre Francesco Occhetta, consulente ecclesiastico nazionale dell’Ucsi –. Il giornalismo cattolico deve essere il primo a porre gli ultimi davanti agli altri, dando spazio a coloro che non hanno parola e non possono essere ascoltati. Bisogna gerarchizzare i valori – conclude Occhetta – sapere quindi che la misericordia e il perdono sono le principali dimensioni per creare una comunicazione più giusta. In fondo l’essere cattolico è un plus che non si impone ma si propone a tutti con l’antropologia che la Chiesa ha».