Cinque appunti per leggere il documento assembleare
Nel processo degenerativo delle regole di democrazia interna delle organizzazioni sociali, i documenti assembleari sono ormai ridotti a "pura forma", a qualcosa cui bisogna ottemperare per pure ragioni formali. Sono poi gli organismi esecutivi, se non i "leader", a "dettare l'agenda". Desta perciò una particolare curiosità, tra gli osservatori e gli addetti ai lavori, l'"accanimento" con cui, durante le Assemblee nazionali di Azione cattolica, si scandaglia il documento programmatico rigo per rigo, producendo una mole di emendamenti che costringe a lunghe e storiche nottate di votazioni.
Una liturgia? Un vezzo? Un pezzo di romanticismo trascinato a forza in questo presente di fretta e paura?
Non è così. Ciò che segue l'Assemblea nazionale lo dimostra: proprio quel "documento" diventa fattivamente la barra di navigazione dell'associazione a tutti i livelli. Dalla Presidenza nazionale ai Consigli parrocchiali, dai Consigli diocesani ai singoli gruppi, i tre anni che seguono l'Assemblea rappresentano la mediazione costante di quanto definito insieme in modo democratico proprio attraverso l'esercizio del documento programmatico.
Vale perciò la pena provare a individuare, nel documento all'attenzione dei delegati in questi giorni, quegli elementi che già si candidano a diventare rotta e orientamento per tutti.
1) L'Ac e il tempo del Covid
Il documento è, in più passaggi, "onesto". Si ammette che le stesure sono state almeno due: la prima precedente al Covid, la seconda nel tentativo di raccogliere l'esperienza dolorosa del virus senza però "ricominciare da zero". L'incrocio non produce un guazzabuglio ma conferma e solidifica una scelta forte, quella del discernimento. «Tutto questo ci ha insegnato che ogni tempo è il nostro tempo, ma nessun tempo è nostro, perché non ci appartiene, non ne possiamo disporre. Ogni tempo è un tempo inedito, imprevisto: siamo chiamati a vivere in esso non nonostante tutto, ma nel tutto che esso ci offre, con il desiderio forte di metterci in ascolto della realtà, di guardare a essa con uno sguardo non ingenuo, eppure tenacemente fiducioso nei confronti della vita, degli altri, della storia che Dio accompagna con la sua presenza» . Un discernimento, però, che non è una «un’eterna analisi» , ma una tappa per «operare per il bene, pensato e costruito insieme, in un cammino sinodale di corresponsabilità».
In sintesi: il Covid ci conferma che non è più plausibile - semmai lo sia stata - una Ac "non pensata", che fa mancare alla sua azione quel minimo di lettura della realtà che consenta di agire perché si è compreso e di comprendere perché si è agito.
2) L'Ac e il magistero di Francesco
Nel documento si respira per intera l'urgenza di non lasciare sospeso e conteso l'incredibile opportunità che papa Francesco sta offrendo, insieme, alla Chiesa e al mondo. Proprio questo senso di urgenza è uno dei "contenuti" del documento assembleare di Ac. «Vogliamo abitare questa stagione della storia dell’umanità facendo scelte coraggiose e innovative, per avviare processi di cambiamento di lungo respiro nella società e nella comunità ecclesiale. Questo tempo non ci deve spingere a perseguire "una pastorale di semplice conservazione", in cui rifugiarci per sentirci al sicuro, e nemmeno dobbiamo lasciarci tentare dall’idea di poter tornare semplicemente a fare quello che facevamo prima, come lo facevamo prima» .
In sintesi: con l'incoraggiamento e sulla scia del papa, essere ogni giorno la stessa Ac di sempre eppure, contemporaneamente, una Ac nuova. Perché molteplici e sempre più eterogenee sono le condizioni di vita delle persone e delle comunità: ciò segna, probabilmente in modo indelebile, la fine di formule buone per tutti.
3) La scelta religiosa e il primato della vita
In un'assemblea che probabilmente vedrà affacciarsi tra i delegati in diversi nati nel 2000, ribadire la scelta religiosa nel documento assembleare sembra avere lo scopo di sottrarla definitivamente, una volta per tutte, dalle letture distorte di un dibattito ecclesiale, sociale, civile e politico ormai consumato. Inquadrarla come scelta «sorgente delle altre scelte», e porla subito in collegamento con la necessità di mettere «la vita al centro» , restituisce a tutti un quadro nitido di identità associativa: il primato del Vangelo e della vita interiore infiamma (e non annacqua per nulla, se non in chi cerca oasi spiritualistiche) la passione per il mondo. La dizione "primato della vita", introdotta e approfondita nelle recenti Assemblee nazionali, completa il significato della scelta religiosa consentendole di avere quel "tasso di flessibilità" senza il quale ogni criterio, ogni valore, ogni ideale rischia di diventare un "totem".
In sintesi: all'Ac di oggi occorre come il pane il senso autentico di una "scelta religiosa" da leggere e rileggere continuamente, instancabilmente, alla luce di quanto ci accade ogni giorno sotto gli occhi.
4) Educare non è un gioco
La presenza di un capitolo chiamato "Per una rinnovata vocazione educativa" colpisce molto. Potremmo definirlo un "richiamo" che la pandemia ha reso ancora più necessario. A fronte di relazioni messe a dura prova, a fronte di processi formativi che hanno subito un vero e proprio 'shock', la differenza in Ac l'hanno fatta le persone che hanno mostrato di avere una reale vocazione educativa, una genuina passione per le persone, piccole e grandi. Perciò non possiamo dimenticare che priorità assoluta dell'Ac resta quella di formare «adulti e giovani capaci di accompagnare e maneggiare con cura i cambiamenti e le conseguenze che il tempo della pandemia ha provocato nella vita e nella partecipazione dei ragazzi e con la necessità di ripensarla e rilanciarla. Adulti e giovani dunque che siano in grado ascoltare e non solo di parlare, di accogliere istanze oltre che di proporre soluzioni, di essere compagni di strada, ma anche guide esperte, nella consapevolezza che l'educazione è soprattutto una questione di amore e di responsabilità che si trasmette nel tempo di generazione in generazione». In questa direzione va l'aggiornamento del Progetto formativo.
In sintesi: se questo tempo ci ha colti impreparati, è perché forse si è per un certo tempo confuso tra servizio educativo e un generico e generoso servizio reso all'associazione e alla Chiesa. Per affrontare le sfide del Covid e del dopo-Covid, avremo bisogno di veri e 'santi' educatori, figli e innamorati del loro popolo.
5) Laicità, il tempo di passi in avanti
Dagli appunti sul senso dei luoghi di discernimento comunitario, sino a considerazione di carattere più generale sul rapporto tra laici e Chiesa, si coglie nel documento la necessità di una Azione cattolica che si faccia promotrice di una forte iniziativa per affermare il valore conciliare della corresponsabilità. «Negli ultimi anni, l’associazione ha proposto con determinazione a sé stessa, alle comunità ecclesiali e al territorio di vivere con gioia la dimensione della corresponsabilità. A fronte di processi di disgregazione sociale e della riproposizione di visioni individualistiche della convivenza, la corresponsabilità appare come una prospettiva carica sia di visione per il futuro, sia di concretezza per l’agire quotidiano. Come associazione abbiamo compreso che la corresponsabilità esprime quell’originario farsi carico e prendersi cura reciproco che è costitutivo di ogni persona e di ogni legame fraterno e si articola in pensieri e gesti di fraternità e di responsabilità nella vita personale, famigliare, sociale ed ecclesiale. Essa, inoltre, prende forma e fruttifica nell’educazione al farsi prossimo a tutti e nel generare processi di apertura, incontro, condivisione e solidarietà».
In sintesi, semplicemente: siamo laici davvero.