Immigrazione: basta tifo da stadio

«Da come affronteremo la questione migratoria dipenderà quello che saremo in futuro. Se sapremo guardare la storia, se sapremo accogliere e indirizzare, oppure se ci lasceremo travolgere e lacerare anche al nostro interno». Lo ha detto Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana, nel saluto al seminario Agenda Immigrazione. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare promosso il 9 novembre a Roma dalla presidenza nazionale di Ac e dagli Istituti “Vittorio Bachelet” e “Giuseppe Toniolo”. All’interno della questione migranti, ha proseguito, «si addensano tante altre questioni decisive del nostro tempo». Tra queste «la nostra difficoltà a rappresentarci la realtà per come realmente è e non attraverso percezioni distorte del fenomeno». Di qui un monito, dopo avere ricordato i gesti concreti di Ac in materia: «diventa cruciale affrontare la questione migratoria. A tutti è richiesto l’impegno ad abbandonare gli spalti, andare al di là delle reciproche accuse di superficialità, ignoranza, buonismo». No, insomma a tifoserie da stadio; sì a un pensiero reale, critico. Per Truffelli occorre «guardare alla realtà mettendosi in gioco per tentare di cambiare le cose». Dando una lettura “giuridica” della questione, il presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto Toniolo, Ugo Villani, parla di «opacità” degli strumenti a livello europeo e sottolinea il rischio che vengano «pregiudicati i fondamenti dello stato di diritto e i diritti fondamentali  dei migranti». Villani esprime inoltre preoccupazione per la perdita di solidarietà, uno dei pilastri dell’Unione europea. «Dietro la crisi migratoria – avverte si nasconde un’altra crisi: quella dell’integrazione europea». Sul decreto sicurezza e immigrazione osserva: «questo governo è più violento ma il clima che c’è dietro il provvedimento non è di oggi, è nato prima».

I Global Compacts su migrazioni e rifugiati «non mettono al centro la persona umana». Lo ha affermato Francesco Cherubini (Luiss), nel corso del suo intervento al seminario. Il giurista ha illustrato il contributo della Santa Sede all’elaborazione dei Global Compacts su rifugiati e migrazioni attualmente in discussione all’Onu tra cui la richiesta di non distinguere tra rifugiati e migranti economici, l’importanza di un’accoglienza diffusa in piccoli gruppi come strumento di migliore integrazione, «l’estensione del ricongiungimento familiare più volte auspicato da Papa Francesco». Per Cherubini il risultato finale dei due documenti è tuttavia molto distante dalle proposte della Santa Sede, ossia da un modello che metta al centro la persona umana. Rimane anzitutto la distinzione tra rifugiato e migrante economico; inoltre «gli Stati danno l’impressione di preoccuparsi più della sicurezza che degli aspetti umanitari». «Nell’Ue accanto all’Ungheria si sono coagulati molti altri Stati, tra cui l’Austria e ora si è accodata anche l’Italia allineandosi a posizioni che porteranno a risultati molto negativi per il nostro Paese».

Accompagnare ossia farsi compagni di strada; servire, ossia agire in una logica di servizio; difendere, ossia mettere sempre e in ogni contesto la persona al centro. Questi, spiega padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli di Roma, i tre verbi che ispirano la nostra azione. Nel suo intervento Ripamonti si sofferma sul termine «integrazione, in questi ultimi mesi caduto un po’ in disgrazia come dimostra il decreto governativo che si concentra sulla sicurezza». L’integrazione deve essere bidirezionale, ossia «deve smuovere sia la comunità che accoglie sia chi viene ospitato ed è sinonimo di creazione di relazioni significative». Richiamando la visita di papa Francesco al Centro Astalli nel settembre 2013 e il suo invito ad accogliere nei conventi i rifugiati, “carne di Cristo”, il presidente ha raccontantato che da allora sono arrivate le disponibilità di molti istituti religiosi ad aprire le loro porte e ad aiutare i migranti a «integrarsi nel territorio, accompagnandoli nella ricostruzione delle relazioni interrotte». Su Roma «abbiamo ottenuto l’apertura di una trentina di istituti con 120-130 persone accolte ogni anno da gennaio 2014. Si è trattato di progetti personalizzati, nei quali era fondamentale la pacificazione della persona con la sua storia». Ripamonti definisce strategico anche un altro elemento: la dimensione educativa e culturale, l’accoglienza delle diversità. Dal 2000 il Centro Astalli ha avviato progetti di educazione all’accoglienza nelle scuole facendo incontrare agli studenti rifugiati o persone di altra religione. «È l’incontro con le persone che cambia il modo di pensare dei ragazzi e dei giovani». Per questo, ha concluso, «è importante andare sui territori e fare controinformazione attraverso l’incontro incontro reale con le persone aiutando i giovani ad un esercizio critico».

Sir