Luca e gli altri, i nostri eroi della porta accanto
La tragica vicenda dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milanbo, in realtà è una storia che racconta la vita. La vita vera, quella che non riusciamo più a raccontare nelle pagine dei giornali o nelle chat intasate di internet, dove tutto viene consumato in fretta al ritmo di like. La vita che nasce spontanea nelle periferie del mondo, ma anche sotto casa, nelle piazze metropolitane o underground più che nelle piazze virtuali.
Luca, e gli altri, ci dicono che il buono e il bello ci sono, esistono, ma facciamo fatica a vederli, troppo presi dai nostri microcosmi parrocchiali e diocesani – per rimanere nei dintorni ecclesiali –, troppo attenti a non guardare oltre la porta accanto, ai pianerottoli del secondo piano dove la vita scorre, e la storia minuscola riempie di pagine la Storia più grande.
Questi amici della porta accanto che si battono per un futuro migliore, e certamente lo fanno anche per noi tutti, facciamo fatica a scovarli, stringergli la mano, perfino raccontarli come si deve. Sono nascosti, eppure ci sono. Stanno in silenzio, eppure operano per la pace, a costo della propria vita.
Ecco, se c’è una cosa che dovremmo imparare da questa storia, è la libertà e il coraggio di questi eroi normali e quotidiani che costruiscono ponti di dialogo con chi non la pensa come noi, immaginando la speranza. Libertà e coraggio che potrebbero, questo sì, ritagliarsi un giusto spazio nei nostri convegni qualche volta paludati di troppo ottimismo teorico, quando invece di seguire sempre il solito invito a pensare come si cambia il mondo, potremmo, in cambio, optare per chi il mondo lo cambia davvero. Ogni giorno.
Luca e gli altri, oggi, ci raccontano una storia di vita. Di impegno istituzionale, di volontariato sociale, di amore verso un popolo così distante dalle nostre comodità occidentali ma che ha bisogno della nostra attenzione e partecipazione, non solo emotiva.
Luca e gli altri, i nostri eroi della porta accanto. Che ci indicano una stretta feritoia, in quella piccola porta che dà sul cortile-mondo – che non è il buco della serratura – dove poter accarezzare le ferite dell’umanità. E, forse, anche le nostre.