Kabul chiama Avezzano
Le scene terribili riguardanti il popolo afghano che abbiamo visto in questi giorni in tv sono l’altra faccia della medaglia di una strana estate che sta per finire. Da un lato lo sgomento per le sofferenze di un popolo dove per venti lunghi anni l’Occidente ha promesso ordine, legalità e democrazia, con un prezzo salatissimo in termine di sforzo militare e perdite di vite umane, e poi, alla fine, rendersi conto che costruire democrazia in luoghi così lontani rimane sempre una cosa difficile da attuare. Dall’altro, ammirare l’impegno che i nostri diplomatici e militari hanno profuso per salvare più vite umane possibile. Cinquemila profughi afghani che sono riusciti a salire a bordo dei nostri aerei per “emigrare” in Italia non sono un numero qualsiasi da sbandierare in ogni occasione, ma l’aspetto solidale e, davvero democratico, che va salvato e onorato dell’intera vicenda.
Scrive il Papa con un tweet: «come cristiani la situazione in Afghanistan ci impegna. In momenti storici come questo non possiamo rimanere indifferenti. Per questo rivolgo un appello a intensificare la preghiera e a praticare il digiuno chiedendo al Signore misericordia e perdono».
E allora Kabul che si stringe in un abbraccio fraterno con Avezzano e gli altri centri di raccolta profughi che ci fanno ancora dire che l’Occidente esiste, ricorda a tutti noi che democrazia, uguaglianza e diritti umani camminano a pari passo tra le longitudini e le latitudini di una geopolitica che non appartiene solo a noi, ma al mondo intero.
Kabul chiama Avezzano, quindi. E Avezzano abbraccia Kabul. Basterebbe questo per immaginare futuro diverso.
In questa strana fine estate in cui i no vax/no covid sembrano i “talebani” di casa nostra, intenti a spaventare chi non la pensa come loro – e cioè la stragrande maggioranza che invece sulla validità del vaccino sta costruendo un percorso di democrazia condivisa e bene comune – resta l’idea che i diritti e i doveri di cittadinanza sono un fatto comune, appartengono a tutti, nessuno escluso e nessuno al di fuori di essi. E se l’obbligo del Green Pass aiuterà questo processo di assimilazione del bene comune, ben venga. Come sono belle le notizie che arrivano dalla periferia e dalla provincia del Paese, sui tanti giovani che si candideranno alle prossime elezioni comunali, mettendo a disposizione della collettività entusiasmo, passione e competenza.
Insomma, le tragedie della storia, come la pandemia e l’Afghanistan, insegnano sempre qualcosa. Il futuro dell’umanità si gioca proprio sui margini fragili di un mondo che non può salvarsi da solo, e l’idea malsana che l’individualismo sfrenato – economico, civico e sociale – possa essere l’unica etica possibile della contesa politica.
Noi sappiamo da che parte stare.