Alla ricerca del bene comune (spesso dimenticato)
Il bene comune: il lessico dimenticato della politica di oggi e della buona battaglia. Nella nostra società liquida ce ne siamo forse dimenticati, forse distratti da una non realtà virtuale in cui viviamo e una fragilità esistenziale che accomuna, oggi, le società e i popoli. Quel bene comune che invece sarebbe quella mano tesa “attesa” per una cittadinanza solidale che possa definirsi popolo.
Il convegno delle presidenze di Ac si interroga su un tema dove il bene comune è in primo piano: Un popolo per tutti. Riscoprirsi fratelli nella città. Una tavola rotonda, moderata dalla direttrice del Tg3 Giuseppina Paterniti, un passato in Ac, e che ha visto intervenire Andrea Cabibbo, presidente del Consiglio comunale di Pordenone, Fabio Pizzul, consigliere regionale in Lombardia, Giovanni Gentili, sindaco di Pitigliano, e Valentina Zafarana, deputata dell’assemblea regionale siciliana.
Nelle parole dei consiglieri e degli amministratori locali si avverte quanto il bene comune sia così importante da ricercare nella vita delle comunità territoriali ma allo stesso tempo quanto esso sia distante, alcune volte, dal vivere comune. Ed ecco che dalla ricca Milano, dalla Sicilia, da Pordenone, da un piccolo paese di 4000 abitanti come Pitigliano, arrivano risposte che sembrano appellarsi a un comune denominatore: la parola comunità.
Se si fa comunitàla politica è capace di gestire. Comunità è capacità di mettere insieme le diverse istanze di una comunità territoriale che vive diversità e problematicità.
Da una regione come la Sicilia, arriva l’esperienza della gestione degli sbarchi degli immigrati, dalla crisi economica anche una città come Milano ha trovato, pur in una congiuntura difficile, risorse per andare avanti. E se la politica si è smarrita di fronte alla crisi economica, in realtà il tessuto sociale economico e imprenditoriale ha saputo reagire. La politica era spaventata da quello che stava accadendo, racconta Fabio Pizzul, però il tessuto sociale ha tenuto, così come il terzo settore, il privato sociale, il tessuto economico privato, tutti sono riusciti a trovare al proprio interno la forza per rimanere a galla. Qui la politica si è limitata ad accompagnare quello che il tessuto sociale ed economico ha saputo fare. La politica non ha frenato il mettersi in gioco e la cooperazione del privato sociale. E questo già è un punto a favore.
Una comunità solidale e di fratellanza che è possibile vivere nei piccoli centri come Pitigliano perché il senso di comunità è radicato. In questi piccoli centri sono i gruppi organizzati che funzionano. Funziona molto bene il mondo associativo, lo sport, formazione, le associazioni ecclesiali.
Partecipazione e comunità. Sono le due parole chiavi del nostro vivere oggi. Perché non tutto può esaurirsi con il voto democratico.
Altra parola del lessico comunitario: responsabilità. Noi tutti siamo responsabili. Attraverso la responsabilità passano la legalità, la solidarietà, la fratellanza, E quella costruzione della città dell’uomo a misura d’uomo che rende le nostre metropoli e i nostri paesi più vivibili.
Infine, le altre due parole emerse nel confronto tra gli amministratori, sono state lavoro di squadra e avere cura delle relazioni. Una città solidale, dove vivere tra fratelli, è una città che contempla l’altro sul proprio cammino e che non ha paura, pur nella complessità dell’individualismo di oggi, di aver cura di chi ci sta di fronte. Per piccoli miracoli di ordinaria fratellanza, che praticano il bene comune talvolta in silenzio e senza la luce dei riflettori.