#ParoleBuone. Pillole di resilienza per superare la crisi

Ada Serra con Sergio Astori

Una catena umana interconnessa, per far circolare gli anticorpi verbali nella massa delle parole di rassegnazione e risentimento ai tempi del coronavirus. «I primi beneficiari della scrittura e della traduzione dei testi in linguaggi accessibili siamo stati noi – spiega a SegnoWeb lo psichiatra Sergio Astori –, allo stesso modo degli amanuensi che, copiando, riempivano il loro cuore di preghiera».

Un obiettivo fondamentale di #ParoleBuone è infatti l’accessibilità, per cui ogni contributo settimanale viene tradotto con versioni del testo semplificato ETR e in simboli inbook della comunicazione aumentativa (CAA) e con un video in lingua dei segni italiana (LIS) per i non udenti

 

«Le parole e i silenzi mettono in moto potenti dinamiche di affetti e di pensieri, perché gli esseri umani sono costituiti da linguaggi e da trame narrative»: ne è convinto Sergio Astori, psichiatra, psicoterapeuta, saggista e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Di fronte alla paura, al disorientamento e al bombardamento di parole e immagini negative che l’emergenza coronavirus ha portato con sé, ha dato vita al progetto #ParoleBuone. Pillole di resilienza per superare la crisi. Ogni settimana, dal 20 marzo, il sito www.parolebuone.org, insieme alle pagine facebook e instagram correlate, si tinge di un colore diverso e ospita una riflessione che ruota intorno a un concetto che vuole infondere coraggio e sentimenti positivi, basati su possibilità concrete di ripresa: da “lode” ad “armonia”, da “impegno” a “meraviglia”, da “occasione” a “intrecci”. 

La comunicazione intorno al Covid-19 in questi mesi è stata pervasiva, per nulla rassicurante e ha in qualche modo anch’essa “mietuto vittime”. «Oltre ad essere distruttivo, il virus ha rivelato anche molte nostre fragilità – spiega Astori a SegnoWeb –. Una parola dolorosa risuonata spesso durante l’emergenza è “salto”, perché il “salto di specie” del virus è il segno che, nel creato, i tempi e gli spazi della vita soffrono le logiche di sfruttamento. “Guerra” è una parola ancora più cattiva, perché la prospettiva bellica amplifica l’atavica paura di una minaccia per la sopravvivenza che proviene dall’esterno». 

Ecco allora la proposta di Sergio Astori, che nel ridare potere alla parola con un’iniziativa semplice e lineare, vede la collaborazione di molte persone, con storie e professionalità diversificate: «Le biografie, i luoghi di vita, di studio e di lavoro di chi conduce il progetto sono un vero arcobaleno – è ancora Astori a parlare –. L’esperienza condivisa in Fuci mi ha permesso di ritrovare Luca Rolandi, Silvia Sanchini, Stefano Cattaneo. Preziose competenze provengono dal Terzo Settore: Martina Gerosa, Nicola Rabbi, Antonio Bianchi. Poi, ci sono gli esperti di fotografia, montaggio, interpretariato nella lingua dei segni, sottotitolazione. Una catena umana interconnessa, per far circolare gli anticorpi verbali nella massa delle parole di rassegnazione e risentimento. I primi beneficiari della scrittura e della traduzione dei testi in linguaggi accessibili siamo stati noi, allo stesso modo degli amanuensi che, copiando, riempivano il loro cuore di preghiera». Un obiettivo fondamentale di #ParoleBuone è infatti l’accessibilità, per cui ogni contributo settimanale viene tradotto con versioni del testo semplificato ETR e in simboli inbook della comunicazione aumentativa (CAA) e con un video in lingua dei segni italiana (LIS) per i non udenti. 

Dopo due mesi di pubblicazione, arrivano anche “effetti concreti di bontà”, come racconta l’ideatore del progetto: «Un’imprenditrice, che vuole restare anonima, ha fatto proprio il principio resiliente secondo cui, in una comunità, la rete può facilitare la condivisione creativa delle risorse vitali. Avviata la cassa integrazione degli operai, ci ha contattati per regalare ai medici di una provincia lombarda in grande sofferenza l’intero ordinativo prima destinato ai suoi dipendenti: migliaia di mascherine ad altissima protezione, giunte dall’estero con non poche fatiche».

Sono segni di speranza, che danno modo di pensare anche a un futuro per #ParoleBuone, che vada oltre la pandemia. «Il Pio Istituto dei Sordi di Milano ci ha sostenuto fin dall’inizio. Blog, radio, biblioteche, case editrici hanno apprezzato e rilanciato. La fame di parole che donano senso durante i tempi di crisi e di fatica non è cessata. Un fiume di attenzioni ci incoraggia a proseguire per raggiungere anche coloro che non frequentano i social», conclude Sergio Astori.