Servono "buoni" politici per il bene comune

Gianni Di Santo

Le alleanze, con la comunità civile e tra le realtà economico-sociali. La cura delle buone relazioni, in un tempo di forti contrasti sia nella quotidianità privata che nella vita pubblica. La comunità, cristiana e politica, come simbolo di un abbraccio laico virtuoso che tenga insieme le istanze di chi non ce la fa a “camminare” insieme agli altri e di chi, invece, si sente di “correre”, di crescere, di scommettere sul futuro-Italia. Il bene comune, il lessico dimenticato di questi anni duemila aggrovigliati alla “liquidità” del privato e ai suoi limiti, la buona battaglia di chi non ha ancora paura di pensare a un progetto politico che contenga le parole solidarietà, eguaglianza, diritti di cittadinanza. Le nostre città, e forse anche le nostre case, i pianerottoli dove abitiamo, le piazze e i piccoli borghi, abituati o forse no alle tensioni della connessione globale e dei popoli in arrivo da sponda opposta. Le frammentazioni, anche esistenziali. La paura, dell’altro. E il coraggio di chi rifiuta tutto questo.

In queste parole dove la politica, quella che Matteo Truffelli chiama con la “P” maiuscola, scorre non solo nei piani alti della costruzione del bene comune e nell’accettazione delle regole democratiche ma anche nelle vene pulsanti del vivere quotidiano, dove si giocano le storie delle persone in “questo tempo sbandato”, si ritrova il sesto incontro nazionale dei soci di Azione cattolica impegnati nella vita politica e amministrativa a livello locale.

Si svolge a Roma il 21-21 giugno prossimi e ha per tema, appunto, AC, comunità cristiana e politica

Un incontro nazionale che vede la sua origine ben nove anni fa, nel novembre del 2010. Una tradizione consolidata e ben voluta dagli amministratori locali di “area” Ac, che si è cadenzata tendenzialmente ogni due anni, per accompagnare il lavoro di chi fa il difficile mestiere del sindaco o dell’assessore, e che conosce realmente cosa bolle in pentola nel territorio che rappresenta.

Storie concrete, volti e parole che vanno all’essenziale. In questi incontri ci si vuole bene, ci si ascolta, e si condivide un’esperienza di politica “dal basso” anche se le scelte partitiche sono diverse.

Con la regia di Giuseppe Notarstefano, vice presidente nazionale del settore adulti di Ac e docente di Statistica economica ed Econometria alla Lumsa di Palermo, l’incontro offre spunti su Laici adulti per una comunità matura: il metodo del discernimento a cura di Giovanni Grandi, docente di Filosofia Morale all’Università di Padova, una riflessione più spirituale a cura di don Marco Ghiazza, assistente centrale per l’Acr, La differenza dei cristiani nel servizio alla città, mentre Giuseppe Mattina, assessore alla cittadinanza sociale del Comune di Palermo, porta la sua esperienza sul campo delle periferie esistenziali, Abitare o attraversare i conflitti? Tensione e dialettica nella vita politica e amministrativa. Conclude i lavori il presidente di Ac, Matteo Truffelli.

Non è un caso che l’Ac, fin dal 2010, ha pensato a un incontro che mettesse insieme le esperienze degli amministratori locali. Sono tanti, sparsi in tutta Italia, coloro che, formatisi all’interno della più grande associazione laicale di ispirazione cristiana del nostro paese, scelgono di impegnarsi in politica, Spesso in silenzio, lontano dai riflettori, perché i territori hanno bisogno di “fare” più che “apparire”. È un impegno che risulta essere onesto, trasparente, a servizio della città dell’uomo a misura d’uomo.

Ecco perché l’Ac, soprattutto in questo tempo di crisi economico-sociale, insiste in questi moduli di accompagnamento e di formazione. Per riscoprire, insieme a chi si impegna nei territori, che il bene pubblico non è solo un Pil da aumentare ma contiene al suo interno la valenza di parole semplici e, allo stesso tempo “alte”, come  solidarietà, comunità, alterità, multiculturalità. E una certezza di fondo: che anche la sicurezza dei territori, il leit motiv politico del nuovo millennio, si basa su queste parole e azioni concrete del buon vivere civile. Dove l’altro non è il pericolo numero uno. Anzi, è opportunità di crescita per la vita delle nostre città.