In cammino verso una Chiesa della vicinanza

Red

Domenica 10 ottobre è iniziato il cammino sinodale voluto da Papa Francesco, che coinvolgerà le Chiese in ogni parte nel mondo.

Un'opportunità per "camminare insieme"  e ridirci, ancora una volta, che ogni uomo è fratello

 

Un evento di grazia, più che una convention ecclesiale. Un processo di guarigione condotto dallo spirito, più che un convegno di studi o un congresso politico. Un cammino realmente sinodale, condividendo le vicende dell’umanità più che un “si è fatto sempre così”. Papa Francesco dà la linea nella Messa di apertura del Sinodo che si è tenuta nella basilica di san Pietro domenica 10 ottobre: incontrare, ascoltare, discernere, sono i tre verbi che ci fanno da guida in un percorso sinodale che smuove le coscienze, rinnova la fede, scompiglia la profezia evangelica. Perché i cristiani sono chiamati a «diventare esperti nell’arte dell’incontro», non nell’organizzare eventi o nel fare «una riflessione teorica sui problemi». 

E ancora altre suggestioni su un possibile cammino interiore: non insonorizzare il cuore, ascoltando l’altro, chiunque esso sia, in modo che l’altro si senta non giudicato ma libero di raccontare il proprio vissuto: «È un esercizio lento, forse faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda – vescovi, preti, religiosi e laici, tutti, tutti i battezzati – evitando risposte artificiali e superficiali, risposte prêt-à-porter: no. Lo Spirito ci chiede di metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti. Non insonorizziamo il cuore, non blindiamoci dentro le nostre certezze. Le certezze tante volte ci chiudono».

Per Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale di Ac, «dall’ascolto nasce il desiderio di camminare insieme, non da soli, ma per le strade che intrecciano la vita ordinaria delle persone, carica di interrogativi e sfide che interpellano la vita dalla comunità particolarmente in questa fase così delicata e critica di superamento della fase pandemica a livello globale, ma ancora gravida di tensioni e contrapposizioni che rischiano di incrementare le forme e le espressioni della disuguaglianza nel mondo. La Chiesa sinodale vuole rispondere anche a un desiderio di condivisione, fraternità e unità che proviene da tante persone e che mette alla prova concretamente uno stile di partecipazione e di inclusione nelle diverse situazioni e contesti locali».

Nell’incontro dedicato a illustrare il Sinodo, il giorno prima, papa Francesco ha indicato opportunità e rischi del cammino sinodale. Il primo è quello del formalismo. «Se parliamo di una Chiesa sinodale – osserva Francesco – non possiamo accontentarci della forma, ma abbiamo anche bisogno di sostanza, di strumenti e strutture che favoriscano il dialogo e l’interazione nel Popolo di Dio, soprattutto tra sacerdoti e laici perché delle volte c’è qualche elitismo nell’ordine presbiterale che lo fa staccare dai laici e il prete diventa alla fine il padrone della baracca». 

Un secondo rischio è quello dell’intellettualismo, cioè quello del “parlarsi addosso” e far diventare il Sinodo una specie di gruppo di studio.

Il terzo rischio riguarda la tentazione dell’immobilismo. L’espressione “si è fatto sempre così”, afferma Francesco, è «un veleno nella vita della Chiesa».

La vera opportunità è quella di diventare una Chiesa della vicinanza, con compassione e tenerezza. In questo senso si pone anche il cammino sinodale della Chiesa italiana, pronta a mettere in relazione Vangelo, fraternità e mondo. Sempre Notarstefano osserva: «un’altra parola chiave che attraversato i lavori, particolarmente quelli dei tavoli, è conversione spirituale, pastorale, ecologica. Un cambiamento profondo che matura nel desiderio di aderire al Vangelo in questo tempo per resistere alla tre tentazioni verso le quali il papa ha voluto mettere in guardia l’assemblea: formalismo, intellettualismo e immobilismo.  Si tratta di tre rischi di cui il Papa aveva già parlato il 30 aprile scorso durante l’udienza con il Consiglio nazionale dell’Ac quando diceva che il contributo dei laici è proprio quello di aiutare il cammino sinodale a essere concreto e non astratto e inclusivo e non autoreferenziale». 

Il Sinodo dei Vescovi che si è aperto il 10 ottobre tratta, dunque, il tema della sinodalità e si presenta, nel suo svolgimento, con modalità e fasi inedite. Non si tiene solo in Vaticano, ma in ciascuna Chiesa particolare dei cinque continenti. È la prima volta, nella storia di questa istituzione, che un Sinodo si svolge in modalità decentrata. L’apertura del Sinodo nelle Chiese locali è prevista domenica 17 ottobre 2021. Il processo sinodale segue un itinerario triennale articolato in tre fasi scandito dall’ascolto, dal discernimento e dalla consultazione. La prima tappa (ottobre 2021 – aprile 2022) è quella che riguarda le singole Chiese diocesane. La finalità della fase successiva, quella continentale (settembre 2022 – marzo 2023), è di dialogare sul testo del primo Instrumentum laboris. L’ultima fase del cammino sinodale è quella della Chiesa universale (ottobre 2023). Una tappa fondamentale di questo percorso è la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023, a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari.

«L’invito a camminare insieme – conclude Notarstefano – a tenere insieme la complessità e la varietà delle differenze, a sentire insieme partendo da una conversione del cuore e dello sguardo verso questo tempo: ecco le coordinate che ci fanno intuire come questo tempo che inizia sia davvero da accogliere come un dono straordinario e una possibilità da vivere con coraggio e senza timore».