Verso il "capitalesimo"? Appunti per un’ecologia integrale

Gianni Di Santo

La pandemia, la crisi globale, il disordine mondiale, l'ecologia integrale. Sulla scia del pontificato di papa Francesco, il numero monografico di Anthropologica legge in prospettiva la globalizzazione in cui stiamo vivendo. Scommettendo su un'etica del bene comune che ci restituisca felicità e bellezza

La pandemia che abbiamo vissuto lungo tutto il 2020 non ha fatto altro che evidenziare i nervi scoperti di una smisurata crisi globale, ormai non solo ambientale ma economico-sociale, politica, antropologica ed ecologica allo stesso tempo. Una crisi che viviamo ogni giorno sulla nostra pelle. Un momento di passaggio epocale e globale in cui cresce il disordine mondiale e la finanza conta più dell’economia reale e della politica. Mentre la povertà, insieme alla marginalizzazione sociale, aumentano. 

«Molti osservatori e studiosi – Joseph Stiglitz, Branko Milanovic, Anthony B. Atkinson per citarne solo alcuni dei più noti – hanno messo in guardia governi e istituzioni circa il progressivo indebolimento della classe media a livello mondiale e sugli evidenti processi di concentrazione della ricchezza e di polarizzazione dei redditi. Tali fenomeni rischiano di “feudalizzare” la struttura sociale in molti paesi, attraverso un modello che il brillante giornalista economico Paolo Gila ha definito il Capitalesimo». È quanto scrivono nell’introduzione al volume monografico di Anthropologica – annuario di filosofia legato alle attività di ricerca dell'Istituto Jacques Maritain consultabile al link http://www.anthropologica.eu e scaricabile gratuitamente in formato pdf e, per chi lo desiderasse, acquistabile in forma cartacea presso le Edizioni Meudon  – Fabio Mazzocchio, docente di Filosofia morale a Palermo, e Giuseppe Notarstefano, ricercatore di Statistica economica presso la Lumsa e vice presidente nazionale per il settore Adulti di Azione cattolica.

Una riflessione che si mette in scia del pontificato di papa Francesco, particolarmente attento ai temi dell’ecologia e del cambiamento degli stili di vita. Al centro del volume, infatti, c’è proprio una riflessione corale sul senso di quell’ecologia integrale evocata da papa Francesco e proposta d’azione e invito al cambiamento personale e comunitario. Prendersi cura della casa comune non è solo una questione ambientale, ma riguarda l’ecologia dell’anima, delle relazioni interpersonali, delle dinamiche comunitarie (politiche, economiche, sociali).

Andare oltre l’homo œconomicus non può essere solo un auspicio, ma può diventare un reale impegno in direzione della riscoperta dell’identità relazionale della persona, contro le forme di riduzione dell’umano a individuale.

Ecco perché in questo tempo di pandemia, la necessità di ripensare il ruolo dell’intervento pubblico in economia diventa fondamentale. «In particolare la “transizione” ecologica – spiegano i due autori – spesso più evocata che perseguita dai governi nazionale e comunitario, richiede un paradigma nuovo che ridisegna in senso cooperativo e solidale il ruolo del mercato e dello Stato, passando per un vero riconoscimento della società civile e del Terzo Settore. Il “terzo pilastro” – come è stato definito recentemente dall’economista indiano Raghuram Rajan – è destinato a rivestire un nuovo ruolo a livello globale, rigenerando, da un lato, i processi democratici e partecipativi e, dall’altro, i processi di generazione di valore economico e sociale». 

Il tema della responsabilità e della rendicontazione sociale sta uscendo fuori dai recinti degli addetti ai lavori; l’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile sta promuovendo un sostanziale cambiamento di prospettiva delle politiche pubbliche, ma anche delle pratiche di progettazione sociale ad ogni livello. 

Il numero monografico di Anthropologica si sofferma proprio su ciò che è nuovo nel rapporto tra giustizia redistributiva, bene comune e finanza, e società. Il nodo delle odierne diseguaglianze, i concetti di benessere e felicità, fino ad arrivare all’esplicitazione del paradigma dell’economia civile e al connesso tema della generatività sociale.

Una riflessione, e prospettive reali di impegno, per un’etica del bene comune che prova a tenere insieme ecologia, trasformazione globale e sviluppo sostenibile. E perché no, felicità e bellezza. Da vivere insieme, sapendo bene che la terra in cui abitiamo non è altro che un “pezzo di creato” che ci è dato in prestito.